Il Castello Campori è il simbolo storico-architettonico della città di Soliera, a lungo contesa in età tardo medievale e moderna dalle casate degli Estensi signori del ducato di Modena e Ferrara, e dei Pio signori di Carpi. Della presenza di un castello a Soliera se ne ha notizia intorno all’anno 1370, quando gli Este costruirono la prima pianta del castello che la famiglia Pio di Savoia contribuì a fortificare. All’interno del perimetro del castello a metà del quattrocento venne costruita una rocca, una sorta di castello nel castello. Le mura difensive che cingevano al loro interno il borgo e la rocca erano a loro volta circondate da un fossato e la unica via d’accesso era posta a sud, munita di ponte levatoio. Nel 1635 i marchesi Campori, ottenuto il feudo di Soliera, ampliarono l’edificio e fecero costruire il portico antistante il borgo, le sale interne vennero ornate con statue e sontuosi dipinti andati in gran parte perduti. Nel 1976 il castello fu venduto dalla ultima erede dei marchesi Campori alla parrocchia, successivamente, nel 1990 fu acquistato dal Comune di Soliera allo scopo di ristrutturarlo e trasferirvi la sede comunale e la biblioteca civica, a restauro completato (giugno 2007).
Appartiene alla storia più antica di Soliera anche la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, già esistente nel XI secolo, fondata dai monaci benedettini: la parte più antica è la torre campanaria. Una bolla di papa Anastasio IV del 1153 la annovera fra i possedimenti del monastero della Pomposa “in castro Soleriae Ecclesiam Sancti Joannis”. Nel 1198, l’arcidiacono di Parma, delegato giudice da Innocenzo III, diede al vescovo di Modena il possesso delle chiese di Soliera, nello spirituale non meno che nel temporale. Presenta pregevoli dipinti – le tele del XVII secolo “Cristo crocefisso tra i Santi” del veronese Antonio Giarola e “L’Annunciazione a Maria” attribuita alla scuola dei Carracci di Bologna -, decorazioni in stucco, paliotti in scagliola e un coro in legno del XVIII secolo.
Ad un chilometro dal castello, in via Serrasina 168, si trova la chiesa di San Michele Arcangelo. Esisteva già nel 1106, eretta dai monaci benedettini sulle fondamenta di un’antichissima cappella longobarda dedicata a San Michele. Nella seconda metà del XV secolo fu rifatta. Nel 1828, durante i lavori di restauro della chiesa, casualmente venne rinvenuta sotto l’intonaco, l’immagine della “Madonna delle grazie”, affresco della fine del XV secolo del pittore modenese Fedele Petrazzani, che diede il titolo di santuario alla chiesa. Vi si trova un tabernacolo in legno intagliato e dorato del 1645 opera di Francesco Pescarola di Cremona. Di rilievo anche il paliotto in scagliola colorata di scuola carpigiana nella cappella di sinistra.
Noto anche col nome di ‘Palazzo del Pio’. Storia e cultura a portata di mano, capaci di mescolarsi regalando un luogo di indubbia attrazione per i turisti di passaggio, Merita sicuramente una visita, a cominciare dal museo civico e passando per la sala dei Mori, ed il museo del Deportato con le testimonianze di una recente tragica realtà. Si trova in Piazza dei Martiri.
Il Duomo di Carpi, noto anche come Basilica di Santa Maria Assunta, è un esempio splendido di arte religiosa del periodo risalento all’incirca al XV-XVI secolo. Le pale dell’altare, gli affreschi e lo stile architettonico affascinano e fanno riflettere. Sede di un importante Vescovado, ristrutturato dopo il recente sisma del 2012, si mostra in tutta la sua magnificenza agli occhi del visitatore.
Si tratta di una chiesetta romanica dell’anno Mille con la torre campanaria alta oltre settanta metri, appena dietro alla piazza principale. La chiesa è spesso aperta anche perchè viene ancora usata per celebrare matrimoni. Per la salita alla torre invece è meglio informarsi prima presso l’ufficio turistico comunale.
Purtroppo la storia lascia con se tracce spiacevoli, ma proprio per questo non bisogna dimenticare. Il Museo del Deportato è l’unico nel suo genere il Italia, ed è visitato da turisti di tutto il mondo. E’ dedicato ai deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il campo di concentramento di trova a Fossoli, una frazione a pochi chilometri da Carpi. Era un campo di transito da dove, durante la seconda guerra mondiale, vennero deportati numerosi detenuti verso i campi di sterminio e che ora è utilizzato come memoriale e come museo. Il comune di Carpi ha allestito il Museo del Deportato come memoriale della deportazione.
Il Duomo di Modena è stato edificato a partire dal 1099 dall’architetto Lanfranco e dallo scultore Wiligelmo, nel luogo dove già sorgeva una chiesa e dove si custodivano le spoglie del Santo patrono, San Geminiano. Il corpo del santo, secondo vescovo di Modena, morto il 31 gennaio 397, fu traslato nel nuovo Duomo nel 1106, alla presenza di Matilde di Canossa. Il Duomo, capolavoro dell’arte Romanica, fu portato a termine dai cosiddetti Maestri Campionesi, che succedettero a Lanfranco e Wiligelmo e che variarono il progetto aprendo il bel rosone in facciata, la porta Regia sul lato Sud (sulla piazza) e creando all’interno i pregevoli ambone e pontile che narrano le storie della Passione di Cristo. Non solo per questo il Duomo è considerato una Biblia Pauperum o un libro di pietra, ma anche per tutte le sculture di Wiligelmo e dei suoi seguaci, che ornano l’esterno della chiesa e che narrano le storie della Bibbia, come le bellissime lastre della Genesi in facciata, della vita di San Geminiano come nella Porta dei Principi, e che nei tralci abitati dei portali spiegano come, solo seguendo la parola di Dio, si raggiunga la salvezza, attraversando pericoli e peccato, varcando la porta del Duomo. L’interno della chiesa custodisce pregevoli opere d’arte, tra le quali il presepe in terracotta di Antonio Begarelli, il crocifisso ligneo di autore anonimo del sec.XIII, il Presepe Porrini in terracotta policroma di Guido Mazzoni, la pala di Dosso Dossi raffigurante San Sebastiano, l’altare di Santa Caterina o delle Statuine, anch’esso di terracotta, del sec.XV. La cripta, sorretta da colonne con capitelli decorati sempre di epoca romanica, custodisce tutt’ora il sarcofago con il corpo di San Geminiano: ogni anno, il 31 gennaio, festa del patrono, il sarcofago viene scoperchiato e le spoglie del santo, vestite con abiti vescovili, sono mostrate al culto dei fedeli modenesi e non. Il Duomo, con la torre Ghirlandina e a Piazza Grande, dal 1997 sono Patrimonio dell’Umanità UNESCO. La torre Ghirlandina è alta 88 metri e costituisce il simbolo della città. Essa unisce armoniosamente in sè gli stili di due epoche diverse: è coeva del duomo e segue i canoni architettonici romanici per i primi cinque piani, anch’essi riccamente decorati con bassorilievi che rappresentano dame, cavalieri, mostri, sirene; mentre la parte a base ottagonale e la piramide che costituisce la cuspide sono più tarde e risentono di un gusto più chiaramente gotico (furono iniziate nel 1261 su progetto di Arrigo da Campione e terminate nel 1319). Il nome sembra derivare proprio dalla decorazione “a ghirlande” del coronamento cuspidato, anche se un’altra tradizione narra di come gli Ebrei spagnoli accolti aModena nel Cinquecento trovassero somiglianza tra la nostra torre e quella di Siviglia, detta “Giralda”. La torre custodisce, oltre alla cella campanaria, anche la copia della “secchia rapita” (l’originale è all’interno delle sale comunali), simbolo della vittoria dei modenesi contro il bolognesi nella battaglia di Zappolino del 1325, e fonte di ispirazione del poeta Alessandro Tassoni per l’omonimo componimento eroicomico. La statua che ricorda il famoso poeta modenese è poco distante, nella piazzetta Torre, che si apre su via Emilia. La Ghirlandina, insieme al Duomo e a Piazza Grande, è tutelata dall’Unesco come patrimonio artistico dell’umanità. Da gennaio 2008, in occasione dei lavori di restauro della torre, un telo lungo 64 metri, avvolge interamente il monumento, ad eccezione della parte terminale della cuspide. L’imponente copertura è affidata all’artista Mimmo Paladino, uno dei principali esponenti della Transavanguardia. La Ghirlandina è aperta al pubblico e visitabile dalla prima domenica di aprile all’ultima di ottobre dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.00. E’ visitabile anche il 31 gennaio festa del Santo Patrono, il Lunedì dell’Angelo, il 1 maggio e il 2 giugno.
Il Palazzo Ducale di Modena sorge nel luogo in cui nel XIII secolo gli Estensi, signori di Ferrara, Modena e Reggio Emilia, fecero costruire un castello difensivo. Il luogo ai tempi era lontano dal centro, cioè da Duomo e Palazzo Comunale, per chiarire la distinzione del potere estense rispetto al Comune e alla Chiesa, vicino alle mura ed in un luogo di confluenza degli antichi canali cittadini, in modo da agevolare le comunicazioni e l’eventuale fuga attraverso l’antico Naviglio, canale navigabile che usciva da Modena e attraverso il fiume Panaro arrivava al Po. Nel 1598 gli Este perdono il possedimento di Ferrara e della provincia e devono lasciare il castello loro residenza per rifugiarsi in una nuova capitale, che viene scelta in Modena. Dopo qualche decennio il Duca Francesco I d’Este capisce che la famiglia ha bisogno di una nuova residenza, più ricca, fastosa e degna del rango ducale. Dopo aver contattato diversi architetti, nel 1634 viene scelto il progetto di Bartolomeo Avanzini (1608-1658) allievo del famosissimo Gianlorenzo Bernini, che si dice supervisionò i disegni. Il palazzo occupa il doppio dello spazio del preesistente castello: un corpo sopraelevato centrale e due torrioni laterali chiudono la facciata a tre piani sormontata da una balconata con statue. Ogni piano della facciata è delineato da coppie di finestre binate e singole alle estremità. Il portone e l’ampio atrio d’ingresso portano all’elegante cortile loggiato, dal quale lateralmente si accede allo scalone d’onore. Da qui si sale al piano nobile dove si trovano il Salone d’onore, il cui soffitto, affrescato da Marcantonio Franceschini, rappresenta l’episodio dell’incoronazione, da parte di Giove, di Bradamante, da cui si fa discendere la stirpe estense. Una serie di porte allineate allo scopo di dilatare lo spazio portano, attraverso sale successive, decorate con affreschi e quadri, alla sala del trono e al Salottino d’oro, piccolo ambiente le cui pareti sono ricoperte di lamine d’oro e decorate con scene mitologiche. Il Palazzo Ducale ospitava inoltre la pinacoteca, il medagliere e la biblioteca estense. Nel 1859 l’ultimo duca di Modena, Francesco V, lasciò la città alle truppe italiane, andando in esilio in Austria. Decise però di lasciare a Modena parte delle preziosissime opere d’arte che possedeva: le collezioni di pittura, oggetti d’arte, medaglie e libri antichi sono ora ospitate al Palazzo dei Musei e portano, come richiesto dal duca al momento della donazione, il nome Estense. Dal 1863 il Palazzo Ducale è sede dell’Accademia Militare, scuola d’eccellenza per ufficiali dell’Esercito e dell’Arma. Nella piazza antistante si trova il Monumento a Ciro Menotti, eretto nel 1879 dallo scultore Cesare Sighinolfi. Ciro Menotti, patriota italiano del Risorgimento, fu messo a morte a seguito di un tentativo, fallito, di insurrezione, il 3 febbraio 1831. La statua tiene in mano la bandiera italiana e guarda il palazzo, sede all’epoca dei moti, del restaurato potere estense. Il palazzo è visitabile per i gruppi solo su prenotazione e previa autorizzazione dell’Accademia Militare, per i turisti individuali in determinate giornate è prevista l’apertura al pubblico. Per informazioni rivolgersi all’ufficio informazione turistica IAT in via scudari 8 a Modena.
L’origine del Giardino Ducale Estense (già Giardini Pubblici) si può far risalire al 1598, anno in cui il duca Cesare fece recintare con una siepe un ampio spazio incolto a Nord del Castello. La trasformazione in giardino fu realizzata negli anni successivi seguendo una tipologia frequente nel giardino rinascimentale. Nel 1634 furono ultimati anche i lavori di costruzione della palazzina del Vigarani, edificio di bella fattura che conserva i classici caratteri dell’architettura seicentesca. Successivamente, dopo quasi un secolo di abbandono, sotto la corte di Francesco III, venne creato l’orto botanico, ripristinata la struttura interna del parco fino alle sostanziali modifiche avvenute a metà 800 che ci hanno consegnato un’area a giardino “misto”, con una zona ad aiuole ben disegnate per mantenere un raccordo formale con i vari edifici ducali e le rimanenti zone a boschetto. Va sottolineata la presenza di alberi appartenenti a diverse specie di notevole grandezza e importanza. Attualmente il parco è fortemente caratterizzato dal disegno originario e dalla presenza della pregevole palazzina Vigarani che emerge in tutte le principali prospettive. La palazzina (attualmente chiusa per restauro, maggio 2010) è solitamente usata come ulteriore sede espositiva della Galleria Civica. E’ presente un bar, dei bagni pubblici, panchine, mentre d’estate il Giardino Ducale ospita vari eventi e manifestazioni pomeridiane e serali. A fianco del Giardino si trova l’Orto Botanico, che fa parte dei Musei Universitari, che ha una divisione in tre zone: il “sistema” ad aiuole nel settore meridionale, il complesso delle Serre Ducali e del Museo-Erbario, la Montagnola con la vicina area pianeggiante su cui cresce il maggior numero di essenze arboree. Una vasca, ospita numerose specie acquatiche, fra cui alcune nostrane, già diffuse in ambienti padani e ora in via di estinzione; altre specie analoghe crescono nel fossato didattico, vicino alla Montagnola. Le antiche Serre ospitano un settore di piante succulente e un altro di specie tropicali acquatiche. La Montagnola e l’adiacente area settentrionale ospitano oltre 700 esemplari legnosi, appartenenti a oltre 200 specie diverse, locali ed esotiche; alcuni di essi sono ultracentenari.